ABUSI EDILIZI: NUOVI PROBLEMI PER L’AMMINISTRATORE ?

DECRETO SEMPLIFICAZIONI

ABUSI EDILIZI: NUOVI PROBLEMI PER L’AMMINISTRATORE ? 

LA MODIFICA NORMATIVA

Il problema dei doveri che incombono sull’amministratore nel caso in cui si evidenzino abusi edilizi sugli spazi comuni, sembra essere tornato in auge nel momento dell’entrata in vigore del decreto semplificazioni 2021[1] recante le disposizioni sulla "Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure."

Una delle novità di maggiore rilievo del decreto, operativo ricordiamo dal 1° giugno 2021, è rappresentato dalle modifiche apportate al comma 13 ter all'art. 119 del Decreto Rilancio n. 34/2020[2].

Per gli interventi sulle parti comuni, la norma, nella sua precedente versione (ovvero come modificata dall’art. 51, comma 3-quinquies del D.L. 104/2020), richiedeva, sebbene limitatamente alle parti comuni degli edifici interessati, le asseverazioni dei tecnici abilitati in merito allo stato legittimo degli immobili plurifamiliari di cui all’art. 9-bis del DPR 380/2001, nonché i relativi accertamenti dello sportello unico per l'edilizia.

Tali asseverazioni non avrebbero dovuto riguardare invece le parti private dei singoli immobili.

In ogni caso, i lunghi tempi per l’ottenimento dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, sebbene limitato alle sole parti comuni degli edifici, aveva già notevolmente rallentato la partenza dei cantieri, specie nei condomini.

Con la preminente finalità di uno snellimento dell’iter burocratico e della conseguente riduzione dei tempi per l’avvio dei lavori, come anticipato, con l’art. 33, comma 1, lettera c) del Decreto Semplificazioni, il legislatore interviene sull'art. 119 del decreto Rilancio, introducendo un nuova formulazione del comma 13-ter del D.L. 34/2020.

La principale innovazione della norma risiede nella qualificazione degli interventi ammissibili al superbonus (con la sola esclusione di demolizioni e ricostruzioni) quali manutenzioni straordinarie, e in quanto tali, realizzabili con la sola Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), di cui all’ art. 6-bis del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in cui andranno riportati unicamente:

- per gli immobili completati dopo il 1° settembre 1967, gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione

- per gli immobili completati primadel 1° settembre 1967, l’attestazione che la costruzione è stata completata antecedentemente a quella data.

Non è dunque più richiesta l’attestazione dello stato legittimo, di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis del Testo Unico.

Permane invece l’obbligo degli oneri di urbanizzazione, ove dovuti.

Sul piano pratico, in primo luogo, è lo snellimento della procedura per l’avvio del cantiere.

Oggi, infatti, l’incarico dei tecnici si è così notevolmente alleggerito, non essendo più necessario verificare e attestare la regolarità dei lavori effettuati dopo la realizzazione dell'immobile.

La decadenza dai benefici fiscali, secondo il nuovo comma 13-ter, si avrà unicamente nei seguenti casi:

a) mancata presentazione della CILA;

b) interventi realizzati in difformità dalla CILA;

c) assenza dell’attestazione del titolo abilitativo o dell’epoca di realizzazione dell’edificio;

d) non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14 (ndr. congruità delle spese e ammissibilità ai fini del contributo)

Non appaiono affatto condivisibili le perplessità apparse sulla stampa di settore secondo cui la predetta modifica normativa conterrebbe un condono strisciante o, peggio, attenuerebbe di gran lunga i controlli.

Viene, infatti, esplicitamente previsto che resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento e rimangono, quindi, salve le opportune verifiche da parte degli organi tutori.

ONERI PER L’AMMINISTRATORE

Questo susseguirsi altalenante di interventi normativi sul c.d. ecobonus ha riacceso dubbi in ordine alla responsabilità dell’amministratore di fronte ad eventuali abusi edilizi.

Vediamo di mettere ordine sull’argomento.

Innanzitutto, sussiste una responsabilità, di fonte meramente privatistica, in capo all’amministrazione condominiale che venga a conoscenza di un abuso edilizio.

Questa origina ed è insita nel mandato di cui l’amministrazione stessa è investita.

Poi, giova precisare che per abuso edilizio si intende l’opera realizzata senza l’autorizzazione del Comune o in difformità rispetto all’autorizzazione ricevuta, e quindi in violazionedelle norme previste dal testo unico in materia urbanistica.

Al di là delle strette previsioni in materia di ecobonus, dunque è opportuno ricordare che in condominio un’opera può definirsi illegittima non soltanto se viola le norme edilizie e urbanistiche, ma anche quando contravviene ai divieti imposti dalle nome del codice civile e del regolamento condominiale.

In particolare l’ar.1122 c.c. impedisce ai condòmini di eseguire nelle loro proprietà esclusive opere che possano danneggiare, anche indirettamente, le parti comuni o arrecare pregiudizio alla staticità o al decoro architettonico dell’edificio.

Spetta all’amministratore denunciare l’abuso della cosa comune da parte di un condomino in quanto rientra tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’art. 1130, n. 4, c.c.[3], senza alcuna necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini.

Non sarà quindi la maggioranza dell’assemblea ad attribuirgli tale potere che gli spetta per legge e che gli consente – anzi lo obbliga – ad attivarsi immediatamente non appena avuta notizia dell’illecito.

D’altronde il compito precipuo dell’amministratore, ricordiamo, è quello di tutelare l’edificio nel suo complesso, così come indirettamente anche il valore delle singole unità immobiliari che, dagli interventi altrui, potrebbero essere compromessi.

Il capo condomino, una volta che ne ha un’evidenza certa, deve attivarsi per fare rimuovere tutti gli abusi edilizi in condominio, con o senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea.

Egli ha il potere di agire in giudizio al fine di costringere il condomino inadempiente all’osservanza dei limiti fissati dall'art. 1102 c.c.[4]

Se l’amministratore è inerte nel denunciare l’abuso edilizio, possono agire autonomamente i singoli condomini in quanto portatori di un valido interesse.

Se le opere private compromettono, in modo sostanziale, la destinazione d’uso dei beni comuni, è già il codice civile a stabilire, all’articolo 1117 quater c.c., che «l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie».

L’ultima pronuncia della Cassazione sul punto è oltremodo chiara[5].

Allorquando, l’oggetto della lite è l'abuso della cosa comune commesso da parte di uno dei condomini, “deve riconoscersi all'amministratore il potere di agire in giudizio, al fine di costringere il condomino inadempiente alla osservanza dei limiti fissati dall'art. 1102 c.c.

In tale ipotesi, l'interesse, di cui l'amministratore domanda la tutela, è un interesse comune, in quanto “riguarda la disciplina dello uso di un bene comune, il cui godimento limitato da parte di ciascun partecipante assicura il miglior godimento di tutti.”

“La denuncia dell'abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra, pertanto, tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell'edificio che spetta di compiere all'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 4, c.c., senza alcuna necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini[6].

Tornando al superbonus 110%, gli unici abusi edilizi che possono emergere dai lavori di fattibilità del progetto e successivi, sono quelli che vengono individuati dagli organi di controllo.

L’amministratore condominiale che venga a conoscenza di un abuso sulle parti comuni è tenuto ad attivarsi al fine di tutelare l’interesse condominiale, promuovendo eventualmente la riduzione in pristino delle opere.

Di fatto, si tratta della medesima responsabilità che investe l’amministrazione che sia messa a conoscenza in qualsiasi altra occasione di un intervento architettonico in grado di incidere sul decoro e/o sulla staticità dell’edificio condominiale.

Nel caso che qui ci occupa, comunque, il problema potrebbe essere solo virtuale:

il tecnico che procede al deposito della CILA effettua i rilievi ai fini del computo metrico delle opere da realizzare senza onere alcuno circa <<l’attestazione>> ai fini urbanistici in senso stretto; soltanto l’Ufficio Tecnico del Comune, a seguito di un controllo comparativo con il progetto di fattibilità e il progetto dell’epoca con relativa licenza edilizia rilasciata al costruttore e/o ai singoli condomini, potrebbe accertare una difformità degli stessi, con conseguente denuncia per violazione del T.U. in materia edilizia, o dei regolamenti comunali di quel luogo. 

L’amministratore, rispondendo alla domanda in intestazione, né nella fase di valutazione di fattibilità da parte dei tecnici né in quelle successive afferenti l’accesso ai benefici fiscali di cui al c.d. superbonus 110%, verrebbe a conoscenza di alcuna difformità in merito agli spazi comuni, almeno in quella circostanza. 

CONCLUSIONI

L’amministratore è legittimato a tutelare il bene comune pregiudicato da opere altrui ex art. 1130 c.c.

Egli deve attivarsi per far rimuovere qualsiasi abuso edilizio, incidente sulle parti comuni, a prescindere dalle decisioni dell’assemblea, non appena avrà avuto notizia certa dell’illecito.

Il decreto c.d. Rilancio, né tanto meno il decreto semplificazioni, ha modificato gli oneri che già incombevano su di lui prima di allora.

Avv. Francesco Billetta

A.P. Centro Studi di Palermo



[1] Cfr. D.L. n. 77/2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 219 del 31.05.2021;

[2] Cfr. D.L. n. 77/2021, art. 33 (Misure di semplificazione in materia di incentivi per l'efficienza energetica e rigenerazione urbana)

"13-ter. Gli interventi di cui al presente articolo, con esclusione di quelli comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA).

Nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell'immobile oggetto d'intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967.

La presentazione della CILA non richiede l'attestazione dello stato legittimo di cui all' articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

Per gli interventi di cui al presente comma, la decadenza del beneficio fiscale previsto dall'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 opera esclusivamente nei seguenti casi:

a) mancata presentazione della CILA;

b) interventi realizzati in difformità dalla CILA;

c) assenza dell'attestazione dei dati di cui al secondo periodo;

d) non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14.

Resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento."

2. Restano in ogni caso fermi, ove dovuti, gli oneri di urbanizzazione.

[3] Art. 1130 c.c. “L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’art.1129 e dalle vigenti disposizione deve:  … 4) compiere gli atti consservativi relativi alle parti comuni dell’edificio

[4] Art. 1102 c.c. consente al condominio di servirsi della cosa comune, «purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».

[5] Cfr. Cassazione Civile Ord. Sez. 2   Num. 7884  Anno 2021

[6] Cfr. anche Cass. Sez. 2, 03/05/2001, n. 6190; Cass. Sez. 2, 12/10/2000, n. 13611; Cass. Sez. 2, 11/12/1972, n. 3561; Cass. Sez. 2, 11/05/1962, n. 943

Commenti (1) -

vorbelutr ioperbir
vorbelutr ioperbir 05/03/2023 22:07:31

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